Compilescion. Cap. 42 - Troverò una storia.
www.youtube.com/watch?v=gg5e1zps_Rg
Avevo dimenticato Onestina, il perchè era facile da capire in fondo.
La crisi d'astinenza era latente e stava esplodendo in silenzio.
Non sapevo se abbracciarla, salutarla con un sorriso, rimanere impassibile così come lei era.
Lei stava, per così dire, sospesa a braccia incrociate guardando l'orologio e me.
"Ciao, ho una cliente per te", abbozzai due denti di sorriso con una voce rilassata, rispose che
lo immaginava...ma si aspettava un camion e per la sera precedente. Era stata tutta la notte
dietro le persiane ascoltando musica per non crollare.
"Ma il mio sms?, t'ho anche chiamato....dai, non dirmi che sei stata sveglia per me"
Il silenzio in realtà non esiste, è una condizione mentale. Si ha la sensazione del perfetto vuoto acustico solo estraniandosi dal proprio corpo, non ascoltando il proprio respiro o il battito del cuore ed il pulsare del sangue nelle vene. Ed erano tutte cose che sentivo molto bene. Un vortice di rumori. Si sentì a stento la sua risposta.
Fece un passo avanti per ripeterla dopo avermi osservato in volto, comprendendo che ero in fase di collasso. Poi ne fece un altro e mi arrivò davanti. E si sforzò di ripetere..
"Certo che son stata sveglia per te, dovevi portarmi le mucche no? Tranquillo che non ti cuocio, al mattino mangio solo dolce...vieni a fare colazione dai"
"E Onestina?"
"Dagli dell'erba, mica posso darle la mia di colazione"
"Ma no! Intendev...ma dai!!!"
Ancora avevamo la forza di ridere assieme. Nonostante tutto.
"Porta il furgone dietro, Legala nell'aia. Passa dalla seconda porta a sinistra e vieni in cucina"
"Lo so qual'è la porta, lo so"
Si girò di scatto come se veramente non ricordasse della mia vita passata in quel posto con lei, come se fossi un altro. E forse già lo ero.
Onestina era tranquilla, ormai abituata a farsi prendere, spostare, girare. Quasi come un operaio della Fiat, con rassegnazione e senza un briciolo di speranza nel futuro.
Glielo avrei regalato un futuro e glielo dissi in un orecchio. A lei potevo darlo.
Entrai dalla terza porta per farla arrabbiare, lo facevo sempre un tempo e non avevo alcuna intenzione di smettere. Non si accorse di me, si aspettava sul serio di vedermi apparire dall'uscio suggeritomi. Poi mi sentì e si girò sorridendo, neanche mi riusciva più di farla arrabbiare.
"Vieni testone".
Mi avviai verso il tavolo per la colazione ma non la vedevo. Con la coda dell'occhio seguivo le sue braccia allargarsi ma non ci credevo. Continuai a camminare lentamente e mi girai solo per effettuare una curva secca a novanta gradi avendola ora sul fianco.
A volte ancora mi chiedo perchè le sono andato incontro imitando Pinguino Pisolino.
Non l'ho mai capito.
Ma la abbracciai, la feci alzare. Mi tenne stretto a lungo, troppo a lungo per potermi lasciare
possibilità di resistenza anche passiva. Anche volendo.
"Ma la colazione?"
"Eccola."
"Profumi sempre di buono"
"Anche tu, hai cominciato a lavarti per caso?"
"No, tranquilla. Ho solo cambiato l'arbre magique sotto le ascelle"
Mi prese la testa per le orecchie, la inclinò un pò e mi diede un bacio.
No, non un bacio. Una carezza con le labbra. Risposi.
"Ma non si mangia?"
"Io devo ancora andare a dormire, tu? ecco, io faccio colazione quando mi sveglio di solito"
"Beh, si..ho sonno anch'io. Ma allora perchè mi hai detto di venire a fare c..."
"Ho detto che mangio cose dolci al mattino"
Di nuovo. Un altro bacio, più corposo.
La sollevai, rideva sempre quando le facevo il solletico dietro le gambe per alzarla. Non fece eccezione ma lo fece piano. Con uno sbuffo, ed un piccolo gemito.
Il divano era sempre staccato dal muro, come al solito. E come capitava spesso un tempo ce la lanciai sopra, gustandomi il suo rimbalzo ed il solito pezzo di calcinaccio che si stacca ogni qual volta lo schienale sbatte sulla parete. Poi mi inginocchiai davanti a lei che mi sembrava poter dominare il tempo a suo piacimento. Era stata in grado di tornare al passato con una frase, non mi riuscì di ricordarmi che avrebbe potuto ritornare al futuro con un balzo.
Sensazione di sangue diluito, fluido come non mai. Che gira veloce rincorrendosi nelle vene, nelle arterie, nei capillari. Ovunque. Tranne che al cervello. E non per la classica credenza che narra della carenza di flusso al di sopra delle spalle se se ne chiede troppo per i genitali.
Soltanto volevo evitare di pensare al poi, a cosa avremmo detto, fatto.
"Se morire è così" dissi "questa si che è vita".
Avevo la sua bocca sul petto, la accarezzavo e ne studiavo le mosse. Per prevenirla. Mi piaceva molto il gioco che si creava durante il sesso con lei.
Era una piccola lotta, una partita a scacchi sulla nostra pelle, e le nostre dita pedine.
Un attimo ed un'ora a volte son sinonimi.
Ci incastrammo completamente, ogni singola parte del corpo utilizzabile la votavo al contatto con la sua pelle. Il suo respiro lo catturavo col mio orecchio, che tenevo vicino alla sua guancia ed il mio lo indirizzavo verso il suo padiglione auricolare sotto forma di parole.
Si fermò, alzandosi di scatto e guardandomi fisso. Mentre stavo cercando di dire qualcosa a mia discolpa mi prese la mano e mi portò a letto "che ora si fa sul serio".
E daccapo, con una danza che solo il dna può suggerirci. Troppo simile a pensarci a quella di alcuni animali ed altrettanto simbolica. Si chiama linguaggio del corpo e in quei momenti lo usammo per raccontarci di favole allegre, folletti, gabbiani e camosci. Di erba, aria, vita.
Tenerla sdraiata con la schiena da suonare "come una chitarra nelle mani di Ben Harper",
morderle piano le spalle per vederla inarcare la colonna vertebrale.
Ossa, tendini, muscoli, pelle, capelli, piercing. Ogni piccolo particolare lo ricordo ancora ora.
L'ho scolpita negli occhi la sua essenza.
Poi prese il sopravvento con un ghigno falsamente satanico, mi feci intrappolare ma opponendo quel pò di resistenza che si conviene. Con lo stesso spirito di quando giochi a calcio con un bimbo...ma solo perchè prima anche lei aveva fatto lo stesso con me.
Era troppo furba per non immaginarlo ma mi conosceva bene e capì. Solo fece finta di nulla anche lei e continuò, tenendomi le braccia larghe bloccate sotto le sue gambe per farmi il solletico. Smise subito per sdraiarsi su di me rovesciata, per appoggiare il suo volto sul mio polpaccio.
Non puoi dire di aver fatto del sesso se non hai passato momenti così.
Ma il paradiso ha dei confini ed ogni tanto bisogna uscirne.
Mi addormentai su di lei alla fine, che già era crollata. Ma era ormai giorno. E non durò molto.
Se morire è così, pensai, questa sì che è vita!