Compilescion. Cap. 17 - Tutto va ma non va...non va...non va.

www.youtube.com/watch?v=eZjCmkbw9HA

 

Mi ero concesso una pausa, stare in quel posto mi rilassava ma al tempo stesso c'era molto da fare. Il contatto con la natura a volte selvaggia, troppo spesso regolata ed addomesticata dall'uomo, era salutare. Il sole, il vento, gli insetti, la terra che avvolgeva le mie scarpe da lavoro erano la via giusta per dialogare col mondo.

 

Il velo di tristezza per l'ennesimo amore finito c'era sempre. Mi rincorreva, come spesso mi succede, una colonna sonora immaginaria. Mi capitava spesso di pensare ad un brano e tenerlo come sottofondo per tutto il tempo necessario a metabolizzare i pensieri del momento.

Riuscivo addirittura a gestire i miei stati d'animo scegliendo la canzone o l'album più adatti.

Fu così anche quel giorno. Ero partito con "Intimisto", troppo triste...(....e gli occhi tuoi mi rubano la luce perchè tu possa splendere nei miei. Allora non rimane niente e te ne vai...).

Modificai la scaletta per passare a "Noi non ci saremo", sempre i CSI, sempre GiovanniLindo. Preferivo pensare alla fine dell'essere umano piuttosto che alla fine del mio amore. Evitavo di sprofondare? Forse.

"Catene di monti coperte di neve saranno confine a foreste di abeti, mai mano d'uomo le toccherà..". Cantavo, come in un salmo. Occhi chiusi, al sole. Appoggiato sulla vanga.

 

L'urlo mi risvegliò improvvisamente. Era pronto da mangiare. Ed era la prima volta da una settimana che non cucinavo io.

Meno male.

Anche a pranzo pensai al fatto che gli umani esistono da così poco tempo su questo pianeta, conclusi che la Terra era sopravvissuta a catastrofi immani, sarebbe riuscita a rinascere e rigenerarsi anche dopo la scomparsa della razza di bipedi miei simili. (Simili, non identici).

Trovai l'idea quasi meravigliosa, immaginai le grandi foreste del Nord America libere da istallazioni militari e motoseghe, volai col pensiero alla benedetta e maledetta Africa ed alla possibilità che potesse riaccadere il miracolo della vita, proprio lì. Dove l'uomo s'era formato la prima volta. Dove sarebbe stato meglio forse formarsi in altro modo anzichè divenire quel che siamo ora. In qualche decina di migliaia di anni (che sembrano moltissimi) siamo riusciti "evolvendoci" ad involvere in esseri completamente distaccati dal pianeta, dai suoi abitanti più vecchi di noi. Non meritiamo fiducia da parte della madre Gaia, perchè dovrebbe cullarci anzichè respingerci?

 

Mi scosse la frase di Lucio "ma non mangi? non ti piace? l'ho fatto io il pasticcio di tofu".

 

"Ah, ecco cos'è" pensai...ed annuii con la testa, con lo stesso movimento che fanno le mucche al pascolo. Credo che fosse così, almeno a giudicare dai sorrisi compiaciuti di Lucio.

Poverino, c'aveva messo tutto se stesso per cercare di preparare qualcosa di buono per me.

Mi sorse un dubbio....tralasciai per amor di me stesso l'idea di un Lucio abbagliato dalla mia prestanza fisica e psichica. Non era possibile...i dubbi aumentarono col passare dei minuti, non mi staccava gli occhi di dosso...e non parlava ma sorrideva. Mh, meglio mettere le cose in chiaro. Mi alzai per andare a parlargli a fine pasto, mentre mi dirigevo verso il divano dove lui stava rullando una sigaretta passai davanti allo specchio che sovrastava il cassettone della sala. Stavo per spiegargli che non ho nulla contro i gay ma non c'era "trippa per gatti", tornai indietro a guardarmi meglio: occhi lucidi, rasato per benino, pizzetto ben fatto. Tutto ok, tranne che per il pezzo di lattuga tra gli incisivi.

 

Ecco perchè mi guardava e rideva! un sollievo di tale portata mi spinse a raggiungere il divano con rinnovato vigore, con passo baldanzoso mi avvicinai all'efebico essere e dissi "ma me lo potevi dire della lattuga...no?"

"Quale lattuga?"......Gelo. Il sollievo scomparve.

 

Era perdutamente attratto da me.

Evidente come una paletta di carabiniere al lato della strada.

 

Ed io sono sempre stato molto, troppo sensibile al dispiacere altrui. Non sapevo come fare a disilluderlo. Non sapevo come l'avevo illuso, non riuscivo neanche ad intuire come fosse successo, in qualche modo inconsapevolmente mi rialzai dal divano e mi infilai le scarpe terrose per tornare dov'ero. Al sole. Senza dirgli nulla.

 

Ci avrei pensato, avrei trovato il modo migliore per non ferirlo? Forse. Ma il dolore a volte è inevitabile o quantomeno necessario, non bisogna averne paura. Bisogna accettarlo come uno dei doni che la vita ti porta al momento della nascita. Facile a dirsi quando devi parlarne a qualcun altro, io c'ero ancora dentro fino al collo e a ricordarmi la "pingue immane frana" che mi aveva investito c'era Lucio....che strano. Le stesse persone che si stavano occupando di me, sfamandomi ed offrendomi la possibilità di ricambiare, mi stavano anche aiutando a liberarmi (senza saperlo) dal sottile dolore della perdita della mia amata. E qualcuno stava soffrendo per colpa mia....se colpa è. Io intanto mi difendevo ripensando a sprazzi all'Avvocato, alla cugina di Lucio, anche alla piccola che avevo incontrato in paese.

"Oh no...siamo a tre, di questo passo ti innamorerai dell'intero genere umano di sesso femminile!". Mi chiesi cosa ci fosse di male e non trovai risposta.

 

Il sole scese come fa sempre, dietro le colline. Venere campeggiava sul crinale alla mia destra. Era già ora di cena, il lavoro era finito. Ma non ce la facevo a tornare a casa, la paura (si, paura) di incrociare lo sguardo di quel ragazzo mi bloccava.

Ascoltai il cuore e la pancia, mi consigliarono di affrontare le difficoltà, chè solo così si migliora.

 

Meno parole a tavola rispetto al giorno. Meno sguardi.

Non so come, ma il piccolo "Charlie Brown" aveva capito. O forse già sapeva ma l'illudersi è un bisogno ogni tanto. Si, capita di aver bisogno di credere in un domani migliore, anche se la vita continua a girarti per le spalle e darti calci in culo per farti andare avanti.

 

Ennesima notte, stesse procedure automatiche per distendere il corpo. Per la mente era ogni volta un meccanismo nuovo ad operare, mi toccò pensare al domani per non scivolare nel buio. Ma il domani cosa sarebbe stato? Per la prima volta da molto tempo, forse...il futuro mi spaventava.

Prima di sprofondare nel sonno mi ripromisi di fare qualcosa il giorno successivo. Qualcosa che mi avrebbe riportato al mondo reale, cinico e senza pensieri profondi almeno per un pò.

 

Mi venne in mente il gabbiotto con i cani da caccia, visto andando a piedi alla fermata.

L'indomani ci sarei passato con più calma per capire cosa fare.

 

Una contrazione di alcuni muscoli facciali che indicava benessere e che molti chiamano sorriso arrivò come in un vecchio spot da multinazionale di quando ero piccino.

 

Era un sorriso, finalmente!

 

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