Compilescion. Cap. 36 - Porto la mano destra alla fronte..

 

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"Pronto, ciao...ah, hai già letto la mail. Ottimo. Che mi dici?"

Tre minuti scarsi di telefonata.

"Mi avevi detto che non ti saresti cacciato nei guai, ma ok. Vi aspetto lunedi pomeriggio allora, devo preparare qualcosa?". Lo disse con voce pacata, fredda.

No, non serviva nulla, al limite un pò di fieno ma ci saremmo arrangiati...era pieno di cascine dalle sue parti e di notte se carichi una balla al buio non ti vede nessuno. Forse. Ma era il rischio minore in fondo.

L'avevo rassicurata inutilmente, lei per gli animali avrebbe fatto di tutto. Come me. Anche rischiare non la spaventava. L'amavo anche per questo in fondo, ma non glielo avrei fatto notare, non per questa volta.. Mi serviva il suo aiuto, non un suo rifiuto.

 

Era tutto pronto alla fine. Nonostante le mie paure, le incertezze dovute alle difficoltà...

Stavo coinvolgendo in una follia le persone che più mi erano vicine, o forse era il contrario: erano loro ad essermi vicini perchè li coinvolgevo. Non avrebbe cambiato la sostanza.

Stavamo per finire sui giornali, questo era il minimo, speravo in fondo che qualcuno avrebbe capito le motivazioni, la simbologia di un'azione come quella. Oppure ci avrebbero preso per i soliti esaltati. Magari lo eravamo anche, ma credendoci.

"Non è uno sport ma neanche una missione. E' solo giustizia, è semplice (parziale) riparazione di torti millenari che l'uomo ha fatto agli altri Animali." Questo mi ripetevo e sono le stesse parole che mi direi ora, se fossi così folle da riprovarci e ne avessi modo.

 

Uscendo dalla stanza inquadrai un mucchio di vestiti con Sgherri dentro sdraiato sulla poltrona. Era immobile, anche lui pensava a come sarebbe andata forse. Mi ero dimenticato di loro, Omar lo avevo visto la sera prima abbarbicato ad una bottiglia di Chianti, la teneva come la Coppa Rimet. Solo supplicandolo mi riuscì di berne un goccio di quel vinello.

Ma Sgherri mi preoccupava per l'immobilismo.

 

"Stai pensando di piantare tutto eh?"

"Si, ma mi uccideresti"

"No, non lo farei, ti capirei invece. Chi non ti capirebbe son le mucche, dovresti spiegarlo a loro perchè non te la senti...io ti comprendo invece."

"E allora lascia perdere anche te, stiamo rischiando grosso. Se ci prendono siamo finiti, lo sai che passiamo per terroristi si?"

Era peggio di quanto pensassi, stava veramente cedendo. Iniziai a chiedermi se fosse giusto insistere, sia sotto il profilo umano che strategico.

Mi avrebbe considerato colpevole di averlo inguaiato...

E rischiavo di rimanere senza autista in qualsiasi momento. Dovevo decidere.

"Se vuoi andare vai. Non posso trattenerti di certo. Solo ti chiedo di dirlo tu ad Omar. Io esco."

E lo lasciai alle sue responsabilità. Ed ai suoi sentimenti che l'avrebbero guidato, almeno lo speravo, nella decisione giusta...quale che fosse.

 

Fuori il tempo era grigio, ma caldo. Ristagnavano lo smog ed i volti scuri di chi incrociavo.

Anche io non dovevo avere un bell'aspetto preso com'ero nei miei pensieri. Non mi accorsi di Omar che mi chiamava finchè un vecchietto sulla panchina alla mia destra mi urlo "giovine, ma è sordo? Il suo amico m'ha scaricato la batteria dell'Amplifon a furia di urlare"

Sentirsi dare del sordo da un audioleso non è una bella esperienza.

 

"Dimmi Omar...hai parlato con Sgherri per caso? Ah, torni a casa ora? Vai vai!"

Gli parlavo guardando le sue scarpe, quindi mi accorsi subito della sua inquietudine. Tamburellava come un coniglio.

Non ottenendo risposta alzai lentamente lo sguardo incrociando senza farci caso dei pantaloni sdruciti, un accenno di pancetta, una pagina di giornale fino ad arrivare al suo volto. Poi tornai sulla pagina di giornale.

"ops"

"ma....ma noooooooooo"

 

Dopo aver affiancato alcuni nomi di divinità ad esemplari della famiglia degli ungulati ce ne andammo a casa.

 

Daccapo?

 

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