L'era del cinghiale bianco.

13.05.2009 00:00

Immagino che a molti dei comuni mortali che popolano la parte occidentale del pianeta capiti quel che a volte capita anche a me. Mi fisso (musicalmente parlando) con un autore o gruppo...non mi limito ad una singola canzone ma ripasso mentalmente nell'arco della giornata tutta la discografia. Oggi, giornata particolarmente monotona sotto il punto di vista lavorativo, è il turno di Battiato.
Ma a differenza delle altre volte mi ritornano in mente sempre le solite due o tre e pongo una riflessione su "L'era del cinghiale bianco", brano del 1979 che ancora oggi è considerabile come avanguardia.
Prendo da internet una definizione che altrimenti non avrei saputo riassumere meglio:

1979, si sta per entrare nei futili anni Ottanta e Battiato, fino ad allora sperimentatore di sonorità e atmosfere complesse e stranianti, regala al pubblico il suo primo album di musica leggera, incentrato però su tematiche inconsuete; meta del ritorno all’origine e ad un’Età dell’Oro, scandita dai valori della tradizione. L’Era del Cinghiale Bianco, presso gli antichi Celti, popoli che dominarono l’Europa preromana, stava a significare la stagione della Conoscenza Assoluta. Il Cinghiale bianco era il simbolo del sapere spirituale, immagine qui atta a manifestare un senso di rifiuto, provocatorio e convinto, alle insensatezze del mondo moderno, perso e riverso nella sua crisi d’identità: “Profumi indescrivibili / nell’aria della sera / studenti di Damasco / vestiti tutti uguali / l’ombra della mia identità / mentre sedevo al cinema oppure in un bar / Ma spero che ritorni presto / l’era del cinghiale bianco”.

Nell’omonima traccia iniziale, il cantautore siciliano, descrive per immagini (e in un turbinio di violini) le contraddizioni del nostro tempo, richiamando l’età mitica per estraniarsi dal reale e per contrapporre idealmente, suggestioni di luce al grigiore dilagante.

 

La stagione della Conoscenza Assoluta, un tema ricorrente se si associa ad altre definizioni simili (penso all'Era dell'Acquario o all'Apocalisse). In ogni caso sembra esserci una ciclicità dei tempi e della storia...riconosciuta e riconoscibile in molti racconti mitici, ad Atlantide, alla causa della scomparsa dei dinosauri per arrivare al calendario Maya che recentemente ho scoperto essere "finito". Cioè ha una data finale ed oltre non è previsto nulla.

Logicamente non voglio fare il catastrofista ma mi chiedo "e se avessero ragione?": quel che mi stupisce è che sinceramente il motivo maggiore per cui mi dispiacerebbe estinguermi è il non poter sapere cosa succederà dopo, ammesso e non concesso che ci sia. Con o senza umani. Probabilmente si tratta di un condizionamento che ho ricevuto con le telenovelas viste da bimbo a pranzo.

Altra nota che mi colpisce è l''ennesima associazione tra un animale e qualcosa di estremamente positivo e misterioso che i Celti riconoscevano ancora. Si viveva immersi nella natura in quei tempi, anzi se ne faceva parte (nonostante lo specismo fosse ormai ben radicato) e se ne aveva rispetto. Come ai tempi dei graffiti primitivi. Solo da poco tempo (con i dovuti paragoni) ci siamo elevati a signori incontrastati dell'universo al punto da perdere il contatto diretto con la terra e con i suoi abitanti non umani. E qualcuno se ne sta accorgendo forse...ma siamo lenti, troppo lenti. A volte non basta rallentare ma occorre cambiare direzione per evitare cose spiacevoli. Io credo che questo sia uno dei casi in cui c'è bisogno di smettere di "pettinare le bambole" e cercare un modo per applicare alla nostra vita l'etichetta di "vera". C'è chi ha già iniziato e molti altri li seguiranno, penso sia il caso di valutare almeno la questione no?

 

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