Compilescion. Cap. 12. - Multiculturallll.

 

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I primi giorni al negozio scorrevano veloci, passavo il tempo libero ad imparare a memoria i prezzi delle sigarette. Ma tempo libero ce n'era ben poco. Zona ad alto traffico, non tanto di clienti quanto di rompiballe direi. I Clienti (scritto maiuscolo apposta) proprio non li vedevo.

Sognavo di qualcuno che potesse semplicemente entrare, chiedere una marca di sigarette normali, diffuse e ben conosciute ed uscire. Illusione, pia e mera illusione.

Un bimbo sugli otto anni venne a confermarmi ogni tesi più pessimistica.

"Vojo le cicche peppapà!"

"si carino, quali?"

"Quelle rosse"

"ce ne sono diverse rosse caro.."

"Dimmelo te che te le vendi, io che ne so?"

A otto anni si e no già rompeva le balle da professionista, sarebbe entrato nell'Arma. Me lo immaginavo, duro e puro. Stirato, col cappello con la fiamma e gli occhi spenti. Barba fatta e gote rosse. Meglio ammaestrarli da bimbi pensai. Gli regalai tre pacchetti di sigarette rosse a caso e lo mandai in culo. Che non si facesse rivedere....tornò col babbo. Carabiniere.

Appuntato. "sonaseg....bonasera dicevo..."

"beh, le sigarette gliele ho date perchè è venuto a comprarle per lei no?"

"no?"

"ops...si ma...".

La rovina dell'umanità in pectore sotto forma di bimbokinder mi guardava come per dirmi qualcosa: lo interpretai come un "se dici che è colpa mia papà mi gonfia".

Ovviamente, senza un attimo di esitazione, diedi la colpa a lui.

Ovviamente non servì a nulla.

 

Ai 500 euro da ridare al capo dovevo aggiungere i 450 della multa per aver venduto tabacco ad un minorenne. In realtà gliele avevo regalate ma s'era anche tenuto i soldi il bastardo. Molto probabilmente, se non glielo avessi venduto sarei stato multato per qualcosa di diverso. Ma ogni tanto mi multavano comunque, a casaccio. Tanto un motivo lo trovano se vogliono e con me hanno sempre voluto...ad esser sinceri ogni tanto glielo fornivo io.

Guadagnando sui 1000 avrei potuto ripagare tutto in un mese evitando di mangiare, bere, fumare, uscire e respirare. Vivendo avrei dovuto lavorare un anno e mezzo. Forse.

Ci avrei pensato poi.

 

Era entrato un francese un pò ubriaco. Non si notava dall'andatura. Quella era perfetta. Ma parlava un italiano (stentato) senza erremoscia. Pronunciava la erre come un italiano ed i francesi lo fanno da ubriachi di solito (provare per credere).

Senza pensarci mi venne in mente di canticchiare "voulezvous...arandezvous...tomorrow?" stile giovannilindo. Uscì senza neanche prendere quello che aveva pagato tanto era sdegnato.

Torno a sdegno svanito e naturalmente senza sbronza: parlammo per quasi tre ore di Valle d'Aosta, Nancy, la Bretagna, Cannes, Canne...di tutto. Ci lasciammo sorridenti e soddisfatti, ,per non vederci mai più. E ne eravamo certi. Come della vita e della morte.

 

"D'eternità non s'è mai certi, chè finchè la ingabbi in un pensiero ella non esiste".

 

Notai anche che l'eternità era femmina.

Ero diventato quasi un filosofo, a mia insaputa. Ogni tanto mi esplodevano nella crapa pensieri contorti e solo mirabolanti capovolgimenti di cervice potevano spiegare la costruzione logica che univa quelle parole, che sgorgavano come birra alla spina spillata da un incapace.

Ma mi stavo convincendo di esser bravo con le parole. Rimanendo a contatto con la gente, lavorando in un Sali e Tabacchi, assimilavo gli stili e la parlata delle persone che entravano. Son sempre stato un pò Zelig ma chi non ha visto il film non può capirmi. Comunque ero diventato in pochi giorni il nuovo personaggio dell'isolato. Ed isolato era proprio il nome giusto.

Ero circondato da strade ad alto scorrimento. Uscire a piedi di lì era un tentato suicidio ogni volta, talvolta avevo anche provato ad usare una bici. Ma era anche peggio. L'unico modo per uscire praticamente indenne era un SUV dato che per i TIR ci vuole la patente C.

 

A Roma tutti quelli che contano hanno un SUV. Quelli con la Ferrari son cretini. E' inutile spendere tanti soldi in un auto che è alta come una sogliola se sei circondato da balene.

E' da cretini acquistare un mezzo che se va sotto i 120 si ingolfa per andare sulla Cristoforo Colombo a fare la coda per Ostia. E a Roma cretini non ce ne sono.

 

Poveri si, tanti. La maggioranza, come ovunque. Ma a Roma li vedi bene, hanno lo sguardo grigio del fumo di tabacco e scarichi delle auto. I ricchi no.

Hanno lo sguardo rassegnato, spento. Hanno la consapevolezza che sognare è inutile, che l'Enalotto non li colpirà mai, che producono, consumano, crepano.

Io non ero così, non avevo soldi ma ero ricco di amici, di persone che avevo conosciuto col tempo e con i viaggi che avevo alle spalle. Me ne ricordai all'improvviso. La curiosità imperante mi spinse a chiudere con dieci minuti d'anticipo rischiando una multa da un carabiniere qualunque che voleva le sigarette. Volai all'internet point e chiesi un pc. Dopo cinque minuti avevo davanti l'ennesima svolta sotto forma di due mail. Con la prima la mia adorata mi comunicava di avere dei dubbi, di non sapere se voleva ancora me o solo la mia rassicurante presenza/assenza. La seconda......

 

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