Compilescion. Cap. 28 - Io so' testardo.

 

www.youtube.com/watch?v=bo9riZYUpTw

 

Oscar era dentro, stava già lavorando (per modo di dire) da una settimana. In realtà lui ed il lavoro sono due rette parallele. A dire il vero non ho mai capito se fosse lui ad evitare il lavoro o se fosse il mondo del lavoro a non volerlo. Tant'è.

 

Io ero fuori, troppo duro per me quello che mi avevano proposto ma d'altra parte serviva una base esterna quindi tutto sommato il piano continuava.

Continuava per modo di dire, Sgherri ancora era fermo al palo, sembrava fosse fatta poi avevano scelto un altro camionista. Forse raccomandato, forse no. Ma anche li c'era poco da fare. O forse no.

 

La sera, a cena, ci guardammo in volto senza parlare per tutto il tempo. Dovevamo decidere un sacco di cose da fare, particolari da studiare.

"tu come sei messo?" La voce di Oscar sibilò nel silenzio e si sostituì ad esso, ottenendo peraltro lo stesso effetto di mutismo da parte del resto dei commensali.

 

Poi parlai io:

"punto primo, se Sgherri non entra non possiamo fare nulla"

"punto secondo, voglio andare a prendere Carota e Cavolo"

"no, lo so che qui non possono stare, ma neanche in pensione da quella ricciolona esaurita"

"non lo so, ho un'idea per piazzarli ma devo fare una telefonata"

 

Lo sguardo che avevo doveva ispirare veramente pietà, sapevamo tutti che questa faccenda avrebbe rallentato le operazioni ma non ne potevo fare a meno. Avevo rischiato la vita per loro, e loro per me. Uno anzi l'aveva data, inconsapevolmente. Ma lo avrebbe fatto anche sapendo a cosa andava incontro, il cane innominato pretendeva rispetto. Sgherri mi passò il cellulare, cercai frettolosamente il numero dell'Anna. Prima che cambiasse idea.

 

"Pronto! Si, sono io...ciao bella...si sono il solito esagerato...no, non esagero se dico che sei bella...no, non voglio contradd....ebbasta!" Grasse risate.

Poi le chiesi l'impossibile e lei mi diede la prova definitiva di essere stupenda, ma non glielo dissi..avrei speso troppo di telefono e poi Claudio, Sergio, Giovanni..tutti gelosi.

Avrebbe tenuto lei i cani, ormai la stagione era alla fine e avrebbero potuto passare almeno l'inverno al caldo. In Sicilia.

"In Sicilia?...ce li porti te o li mandi col corriere?"

"Ci si vede a Napoli"

"Ah, si, sempre qui dietro vero?"

"Dai, prendo il treno fino ad Ancona, me li faccio portare in stazione, poi Ancona-Roma-Napoli-Lodi...con due giorni me la cavo"

 

"te sei folle!..Va bene...tanto se non entra Sgherri siamo fermi"

"Se mi concedi di mettere a posto i cani poi ti sistemo Sgherri"

 

Ad Oscar piacevano quei lampi negli occhi che avevo ogni tanto, li chiamava "spia di follia".

Sgherri si arrese, mi conosceva abbastanza anche lui.

Così, al primo apparire della luce del giorno, senza aver dormito un attimo, ero già pronto con lo zaino, i guinzagli, l'odiata museruola (da mettere al controllore ovviamente).

 

A piedi verso la stazione notai un neon nuovo. Nascevano negozi in continuo, luoghi in cui persone obese vendono a clienti obesi (col panino al prosciutto in mano) prodotti dimagranti.

Ed era impressionante come la gente si abituasse in fretta alle novità. Non a tutte in effetti, ma ad esempio le nuove tecniche per perdere due etti al mese venivano metabolizzate come fossero acqua. Fidarsi di chi guadagna sulle tue malattie è difficile in fondo, ma comodo.

 

Poi il treno e nuovi pensieri. Modena, Reggio Emilia...fin li bene. Ma niente Tuvat, finiti quei tempi. E giù nostalgia.

E la nostalgia accomuna tutti i pensieri tristi. Ha un meccanismo perverso che li tira fuori tutti, uno per uno. inevitabilmente lei. Non le altre, solo lei.

Mi ricordai di quando le scrissi un biglietto...quel biglietto...

 

"Devo fare quel che sento, lo dici sempre. Ok, ti amo perchè è questo quel che sento. E ci credo molto, lo tengo stretto il mio amore. Sperando come un cane spera in una ciotola piena. E se poi avrò solo le briciole non sarò sazio, mai. Ma in pace con me stesso perchè avrò fatto quel che potevo per farti e vederti felice. Questo è il mio compito".

Non rispose.

 

"Buongiorno - Tac - Prego - Grazie", mi risvegliai col controllore, obliterato anche l'ennesimo biglietto. "posso proseguire il viaggio verso la fine della mia vita terrena, fino al prossimo controllore, vero?" "scusi?" "no, nulla...scusi lei, è un periodo un po' così".

Mancava poco.

 

E poi scendere dal treno e trovarsi avvolti nello stress. Correvano tutti, anche quelli fermi.

Qualcuno azzardava passi malfermi addirittura sulle scale mobili. Ed era giorno festivo.

Pensai "guardandoli in volto intuisci le provenienze più disparate. Culture miscelate tra loro perse nel tempo che scarseggia. Produci, consuma, crepa."

 

 

Andai a cercarmi una stanza, era già tardi per prendere i cani, la riccia aveva l'ennesimo capriccio. E pretendeva che ci andassi io a casa sua. Oppure me li avrebbe portati alla stazione "ma non oggi che ho da fare, io!". Voce stridula, tagliente.

L'indomani mattina di buon'ora avevo il treno per napoli ma sarei riuscito a fare tutto.

Accettai.

"

Avevo bisogno di riposare, mi sdraiai.

Ero talmente stanco che mi sarei svegliato solo per andare a dormire.

 

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